L’operaia che amava la sua fabbrica
diMaria Pia Trevisan
La Memoria del Mondo Libreria Editrice-Magenta (MI), Aprile 2010
pp.161, 14,50 Euro
Recensione al libro
di Luisa Fressoia
Un libro autobiografico che racconta il proprio lavoro svolto in fabbrica. Una prima assunzione in una piccola calzoleria attraverso cui l’autrice ci rende, con poche e chiare immagini, l’ambiente fisico e l’atmosfera della vita in fabbrica.
… Disposte lungo una parete laterale, illuminata da grandi finestre rettangolari, cinque donne sedute davanti alle macchine rifilatrici, procedevano all’eliminazione della sbavatura delle suole di gomma. Di tutte loro, a più di mezzo secolo di distanza, ricordo ancora i nomi: Anna, Emi, Giovanna, Elsa, Graziella, Angela e Tina ...
Seguono gli eventi vissuti alla Mivar, negli anni Sessanta e Settanta grande azienda produttrice di televisori ad Abbiategrasso, e con essi Maria Pia Trevisan ( ha iniziato a lavorare a quindici anni come apprendista operaia, di seguito presso l'industria metalmeccanica per 22 anni, impegnata in politica e nel sindacato; per cinque volte è stata in Consiglio Comunale di Abbiategrasso) ci narra la sua storia e quella di uomini e donne che hanno prestato la propria opera nel mondo produttivo del nostro Paese.
La Mivar non fu però solo guerra. Nonostante l’attività persecutoria e discriminatoria attuata dall’azienda nei confronti di tutti gli attivisti sindacali, riuscimmo a prenderci anche notevoli spazi di iniziativa politica e culturale. Due di noi, Carlo (non quello a cui avevano rotto il setto nasale, un altro Carlo, anch’esso membro della commissione interna) ed io fummo eletti nel mese di maggio del 1970 consiglieri comunali del Comune di Abbiategrasso. Subito dopo ci fu l’elezione del primo Consiglio di fabbrica. Mi proposero di candidarmi. Tra i nove eletti nell’esecutivo ci fui anch’io. Sempre nel corso di quello stesso anno mi elessero nel Comitato federale del Pci milanese, quale rappresentante di una delle fabbriche più significative del territorio abbiatense ... La mia palestra di vita si allargò a dismisura. I corsi sindacali e di partito, i convegni, i seminari, le conferenze e i congressi a cui partecipavo, divennero la mia Università, quella che avevo da sempre desiderato frequentare. Da quella scuola, trassi insegnamenti che mi permisero di leggere la realtà con occhi più consapevoli e che, contemporaneamente, mi diedero la forza per affrontare le nuove responsabilità che mi ero assunta ... A me pareva di riuscire, così, a riversare anche sui miei figli la ricchezza di quelle esperienze. I sensi di colpa per le mie frequenti assenze trovarono spesso compensazione nella pienezza del nostro rapporto, nella voglia di vivere tutta nuova che rendeva il nostro quotidiano persino "speciale". Io mi sentivo cambiata. Non ero più una madre frustrata. Ero una madre più forte. Ero una donna più forte.
Un universo, quello dell'azienda, con le sue ingiustizie, le contraddizioni, la fatica, le lotte sindacali, ma anche un microcosmo da cui ci raggiungono risa, chiacchiere, scherzi, forme di solidarietà e di impegno, insieme ad una leggerezza del vivere sapiente, carica di umanità. Una realtà corale in cui padrone, operai, impiegati, sindacalisti sembrano muoversi ciascuno con un proprio compito segnato da un profondo senso di appartenenza; quella realtà in cui Maria Pia, con la sua narrazione fluida e misurata, ci permette ogni volta di entrare, per conoscerla e quasi farne parte. I personaggi del libro sembrano oltrepassare la cortina rappresentata dal duro e lungo lavoro quotidiano e farsi soggetti liberi che si incontrano e si riconoscono, costruiscono un proprio spazio vitale e trovano la forza di emanciparsi, sentendosi parte integrante e protagonisti della Storia e della vita dell’umanità intera.